Tipologia: Archivio professionale

Ordinamento e struttura:
L’archivio si compone di 29 faldoni contenenti materiali eterogenei raccolti dalle figlie del restauratore.
Giulia, in particolare, radunò e ordinò gli articoli di giornale conservati in casa mentre la sorella Antonietta fornì documenti più antichi come la lettera dell’ Ing. Angelini o i permessi di spostamento in Spagna del 1936. Si fa notare l’assenza di una documentazione dettagliata relativa gli interventi svolti, la suddivisione dei documenti corrisponde all’impostazione data dagli eredi.

Soggetto produttore: Arturo Cividini (Bergamo, 1892 – Bergamo, 1976)

Cenno biografico:
Arturo Cividini nasce a Bergamo il 15 maggio 1892. Molto giovane s’interessa all’arte e al restauro e intraprende gli studi nell’ambito col professor Ponziano Loverini presso l’Accademia Carrara. “Intorno al 1910 aveva già l’età del giovane apprendista destinato a crescere” ed entra nella bottega degli Steffanoni, negli stessi anni in cui è frequentata dal Pellicioli (…) è così che Cividini, sotto la guida di Franco Steffanoni, restauratore meccanico ed estrattista, si specializza nel trasporto di tele, tavole ed affreschi.

Dal 1909 al 1911, per incarico della Regia Sovrintendenza alle Gallerie di Venezia lavora tra Padova, Vicenza, Verona (in San Nazario e Celso) e Rovigo, restaurando tutti i dipinti assunti dallo Steffanoni durante il riordino del Museo Civico di Vicenza e molti altri conservati nell’Accademia Concordi di Rovigo. Nello stesso arco d’anni si occupa a Bergamo degli affreschi duecenteschi del salone ricavato nel passaggio dalla curia al vicolo di S. Salvatore, consistenti in una bifora con santi vescovi di Bergamo e patroni della città. La sua attività è intensa e dal 1911 intraprende numerosi lavori per la Sovrintendenza di Milano, finché nel periodo della prima guerra mondiale riceve l’incarico di raccogliere le opere d’arte di Bergamo, Brescia e delle rispettive province, al fine di metterle al riparo dagli avvenimenti bellici. (…)

Dal 1916, però, il suo lavoro subisce un rallentamento, poiché viene richiamato dall’esercito e deve partire per la guerra, durante la quale sarà anche colpito dalla spagnola. Riesce tuttavia a sopravvivere e terminata la prima guerra mondiale riconsegna le opere in precedenza ritirate o rimosse per motivi bellici e restaura molte di esse per conto della Sopraintendenza delle Belle Arti della Lombardia. A partire dal 1918 apre una propria bottega in piazza Carrara a Bergamo, vicino all’Accademia e inizia a lavorare in maniera indipendente, anche se inizialmente continua a svolgere degli incarichi per gli Steffanoni e, in aggiunta, per Pellicioli.

Più fonti collocano un primo viaggio in Spagna nel 1919, al seguito di Franco Steffanoni, col quale, per conto del collezionista catalano Ignazio Pollack, darebbe avvio allo stacco dei dipinti murali di dieci chiese romaniche sui Pirenei. Gli affreschi probabilmente sarebbero dovuti essere acquisiti dal museo di Boston, ma motivi politico-economici l’impedirono, senza tuttavia bloccare l’impresa. Tuttavia, la figlia di Cividini ha avanzato dei dubbi sulla contemporanea presenza nella Penisola Iberica del padre e dello Steffanoni e tale perplessità trova giustificazione nel riscontro dell’intensa attività di Cividini in Italia in quegli stessi anni, testimoniata nel registro del restauratore relativo agli anni 1918- 1922. L’ipotesi più probabile è che lo Steffanoni si sia recato a lavorare in Spagna nel 1919 e che sia stato sostituito da Cividini a partire dalla fine del 1922 o comunque dal 1923. (…)

Tra il 1920 e il 1922 è nuovamente in Italia dove, per conto della Sopraintendenza ai Monumenti e alle Gallerie della Lombardia, interviene su alcune opere conservate nella città e nella provincia di Cremona oltre che della Val Camonica. Negli stessi anni restaura l’Assunta di Sebastiano Ricci a Clusone e tele di Gerolamo Romanino e Zenon Veronese nel Duomo di Salò, procedendo con interventi di “foderatura, pulitura e restauro”, come annota nel suo registro. Dal 1922 trasferisce la propria attività a Barcellona, in seguito alla proposta del trasporto di affreschi in chiese situate tra la Castiglia e la Catalogna e nel 1925 la Giunta dei Musei di Barcellona gli conferisce l’incarico del restauro di alcune opere.
Il riconoscimento della professionalità e dell’attività di Cividini sono celebrati in una lapide nella Chiesa di Santa Maria d’Egara a Terrassa, dove erano state restaurate le pitture murali di diverse chiese grazie alle sovvenzioni di Lluis Plandiura: “[…]En opus restaurationis peractum intra menses februarii MCMXXVII et martii MCMXXVIII cura et studio Domini Arthuri Cividini Bergomensis […]” È probabilmente in quest’occasione che si pongono le basi per il proficuo rapporto di lavoro tra Cividini e Plandiura, per il quale il bergamasco restaurerà tavole, pitture murali romaniche e quadri costituenti una collezione che andrà ad arricchire il Museo della Catalogna di Barcellona. Per lo stesso museo Cividini si occuperà negli anni delle collezioni Bosch e Espona, acquisite insieme ad altre con la volontà di recuperare e salvaguardare il patrimonio del Paese. Quando nel 1929 Barcellona ospita l’Esposizione Internazionale a Cividini viene affidato l’importante incarico di raccogliere, restaurare e spedire tutte le opere d’arte da esporre nel Palacio Nacional Montjuich. A partire da questa data sarà per alcuni anni Conservatore del Museo Nazionale, incarico cui rinuncerà nel 1934, quando, sulla spinta dei movimenti nazionalisti, gli viene imposto di cambiare cittadinanza per poter mantenere la carica. In quegli stessi anni per conto dell’Associazione “Amics dell’Art Vell”, della quale è socio emerito, restaura un frammento di pittura murale del XII secolo rappresentante l’Agnus Dei dentro un cerchio e frammenti d’angeli, che seppur scarsi quantitativamente rivestono l’importanza di essere un esempio delle pitture che in passato decoravano l’abside adiacente. Per la stessa Associazione nel 1935 si offre di restaurare, disinteressatamente, riconoscendone il grande valore artistico, il retablo di San Silvestre a San Sebastiano de Montmajor (Sabadell).

La permanenza di Cividini in Spagna subisce un’interruzione a metà degli anni Trenta: nel 1936 il Fronte Popolare vince le elezioni e subito ha inizio una sanguinosa guerra civile, portata avanti dal Generale Franco anche col sostegno dell’Italia fascista. (…) L’attività di restauro non subisce però interruzioni; nello stesso anno è infatti al lavoro ad Avignone, nel Palazzo dei Papi, dove restaura alcune pitture a fresco, ora nel Petit Palais di Parigi. Di nuovo in Italia lavora a Venezia nell’Accademia di San Rocco, dove interviene su opere tra gli altri del Pordenone, di Tiepolo e di Tintoretto. Le commissioni più numeroso sono comunque concentrate nell’area bergamasca: a Bergamo interviene sulle pitture murali in Santa Maria Maggiore e tra il 1938 e il 1940 lavora sugli affreschi del convento di San Francesco dei Celestini, mentre nella chiesa di San Gottardo in Rota Dentro restaura le tele della Crocifissione con Santa Maria Maddalena e della Crocifissione con Santi. (…)

Negli anni Quaranta del Novecento è intento a lavorare in San Michele in Pozzo Bianco e quindi a Desenzano al Serio (Albino), dove nel 1942 interviene sul Polittico di San Pietro attribuito ad Antonio Marinoni. Alla fine della seconda guerra mondiale è incaricato dalla Sovrintendenza di Milano della reintegrazione delle opere d’arte della provincia di Bergamo e del restauro di molte di esse. Negli anni immediatamente successivi interviene sulle pitture murali del Castello di Malpaga su incarico dell’Ingegnere Modesto Crespi , la cui famiglia aveva trasformato l’edificio in un deposito agricolo, favorendo il degrado delle pitture.

Con la fine del conflitto Cividini può rientrare in Spagna e dal 1947 è a Barcellona per una serie di lavori per committenti sia pubblici che privati. (…) continua a ricevere consensi dalla Spagna e nel 1974 gli viene conferito all’unanimità il diploma di Accademico di Spagna “in vista dei meriti acquisiti per il bene della pittura gotica maiorchina nel suo restauro e per la sua futura conservazione”.

Cividini muore il 26 giugno del 1976, dopo aver dedicato tutta la vita all’attività del restauro; solo la malattia ha potuto allontanarlo da quello che per lui non è stato solamente un lavoro, ma anche e soprattutto una passione. “Quando lavora [il restauratore] si deve concentrare, dimenticare del mondo. Se lo fa bene, la sua soddisfazione intima, di fronte all’opera non avrà limite” “ […] Questo difficile mestiere, […] sempre più mi attrae e mi avvince per la soddisfazione che mi ha dato e che continua a darmi.”

Fonte: Tesi di laurea “ARTURO CIVIDINI (1892-1976), RESTAURATORE E “TRASPONITORE” DI DIPINTI”, pp. 6-14, scritta da Selene VOLPI, Dott.sa in Beni Culturali, anno accademico 2006-2007, presso l’Università degli Studi di Milano. Banca dati RES.I – scheda restauratore Arturo Cividini

Estremi cronologici del fondo: 1915-1979

Tipologia e data di acquisizione: Donazione – marzo 2007

Documentazione:
Il fondo documenta l’attività di restauro di Arturo Cividini, la documentazione conservata è composta in prevalenza da ritagli di giornale, fotocopie di libri, documenti autografi, corrispondenza privata e alcune diapositive.

Accessibilità:
Fondo sottoposto a vincolo d’interesse storico particolarmente importante, sarà necessario inviare preventivamente richiesta di consultazione alla Soprintendenza Archivistica e Bibliografica della Lombardia tramite apposito modulo.
Consultabilità negli orari di apertura dell’Associazione previa richiesta scritta tramite e-mail ad asri@associazionegiovanniseccosuardo.it